L’Astronomia multi-messaggera

Con la rivelazione dei primi segnali di onde gravitazionali (gravitational waves, GW) provenienti da sorgenti astronomiche, è iniziata una nuova branca della ricerca astrofisica: l’astronomia multi-messaggera, termine che indica lo studio delle sorgenti celesti mediante messaggeri, ovvero portatori di informazioni, di diversa natura fisica: i fotoni (la luce), le onde gravitazionali e le particelle elementari, come ad esempio i neutrini. Le onde gravitazionali sono perturbazioni della metrica dello spazio-tempo: così come le onde elettromagnetiche (EM) sono oscillazioni del campo elettromagnetico, che si propagano alla velocità della luce (che è anch’essa radiazione elettromagnetica), le onde gravitazionali sono oscillazioni del campo gravitazionale generate da “una massa che si muove di moto accelerato”. Anch’esse si propagano alla velocità della luce.

Per decenni gli scienziati si sono impegnati nella costruzione di strumenti adatti a rivelare queste onde così deboli e sfuggenti. Nel settembre del 2015, finalmente, questa ricerca ha dato i suoi risultati: i due interferometri del progetto LIGO, negli Stati Uniti, hanno captato e misurato un chiaro segnale di onde gravitazionali di origine cosmica. La successiva analisi dei dati ha rivelato che le onde gravitazionali misurate provenivano da due buchi neri (in inglese black hole, BH) in fase di fusione, un fenomeno noto come “coalescenza” (Abbott et al. 2016a). Dopo quel primo evento, ne sono stati rivelati altri. In particolare, due anni dopo, nell’agosto del 2017, un segnale di onde gravitazionali è stato per la prima volta associato al fenomeno di coalescenza di due stelle di neutroni (in inglese neutron star, NS), anch’esse legate in un sistema binario. In quell’occasione erano attivi tre interferometri: i due dell’esperimento LIGO e quello dell’esperimento dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) chiamato Virgo, in Italia (Pisa). Quell’evento, durato pochi secondi e denominato GW170817, è stato immediatamente associato al debole e corto lampo di raggi gamma GRB170817A “visto” dai satelliti Fermi e Integral, e alla sorgente ottica AT2017gfo, osservata con il telescopio ESO-Italia VST situato sull’altipiano di Paranal sulle Ande cilene.

 

Le controparti elettromagnetiche (CEM) delle sorgenti di onde gravitazionali

Grazie agli esperimenti LIGO-Virgo, finalmente si sono potute misurare le GW. Queste misure dirette forniscono oggi l’opportunità di provare l’esattezza di ipotesi sino ad ora solo formulate dalle teorie: quindi ancora molto rimane da scoprire del nostro universo.

Secondo le teorie attuali, esistono vari tipi di sorgenti astronomiche che emettono onde gravitazionali: ad esempio, due corpi massicci e compatti -ovvero di elevata densità- legati in un sistema binario (due stelle di neutroni, due buchi neri, oppure un sistema “misto”, composto cioè da una stella di neutroni e un buco nero) emettono GW durante l’evento violento di “fusione” o “coalescenza”; emettono GW anche stelle singole molto più massicce del Sole durante il loro collasso gravitazionale (supernove), così come stelle di neutroni singole che ruotano velocemente su sé stesse. Per distinguere la natura esatta degli oggetti che emettono le onde gravitazionali misurate dagli interferometri è, dunque, di cruciale importanza procedere all’identificazione delle loro “controparti elettromagnetiche” (CEM) e all’analisi della radiazione emessa (i fotoni): in altre parole, la luce in tutta la sua estensione in lunghezza d’onda, dalle onde radio ai raggi X e gamma.

 

La ricerca delle CEM
Alcune galassie individuate come possibili ospiti del sistema binario di stelle di neutroni origine del segnale gravitazionale. Credit: Ligo/Virgo Collaboration

La strada per arrivare a capire la natura degli emettitori di GW è complessa. In questa sfida sono coinvolti anche i ricercatori dell’OA Abruzzo del progetto GRAWITA (GRAvitational Wave InAf TeAm, sito ufficiale di GRAWITA), una collaborazione che include oltre 80 astrofisici italiani.

Il primo passo consiste nella risposta all’allerta (trigger) attivata dalla collaborazione Ligo-Virgo (LVC), che fornisce anche una preliminare posizione della sorgente nel cielo. Questi strumenti non riescono a localizzarla perfettamente, essi definiscono un’area in cui si trova la sorgente purtroppo molto ampia (centinaia di gradi quadri nel cielo), che, solo nelle ore immediatamente successive ad un trigger e dopo l’analisi dei dati, può essere ristretta.

Tuttavia, anche dopo analisi accurate, l’area di ricerca rimane ancora molto estesa e popolata da migliaia di galassie e da miliardi di sorgenti, pertanto identificare la CEM è una sfida non di poco conto, che richiede strategie efficaci e mirate caso per caso per aumentare la probabilità di successo e, soprattutto, l’organizzazione e l’utilizzo del più ampio numero di strumenti e telescopi disponibili da terra e dallo spazio, dai raggi X e gamma alle radiazioni ottiche.

Mappatura (riquadri) eseguita col telescopio VST in banda r. Le linee colorate indicano le regioni di probabilità per la sorgente CEM, dal 10% al 90%, individuate dalla collaborazione Ligo-Virgo per l’evento GW150914. Ogni riquadro rappresenta un “blocco” osservativo di VST che copre 3 × 3 gradi quadrati di cielo. Una mappa interattiva si può consultare all’indirizzo https://www.grawita.inaf.it/highlights/ (da Brocato et al. 2018).

Ad esempio, la ricerca nell’ultravioletto-ottico-infrarosso si realizza avviando immediatamente campagne osservative con telescopi posizionati in tutto il mondo e dotati di grandi “campi di vista”, per poter includere il maggior numero di galassie. Si procede mappando sistematicamente il cielo, ricomponendo poi le immagini in una sorta di puzzle.

Alternativamente, in base agli indizi disponibili, vengono fatte osservazioni mirate di galassie che risultano probabili candidati ospiti delle sorgenti. Ad ogni allerta, la scelta della strategia da avviare richiede valutazioni e decisioni rapide, poiché la luminosità di questi oggetti decresce rapidamente in poche ore/giorni, sino a diventare non più osservabili, perché al disotto dei limiti di visibilità dei telescopi.

 

Alcune “facilities” osservative utilizzate dai ricercatori di GRAWITA per studiare lo spettro elettromagnetico di GW170817, dal radio ai raggi gamma. Credit: GRAWITA

Più in fretta e meglio si localizza la fonte di onde GW, e più rapidamente i telescopi “tradizionali” (quelli che guardano il cielo captando le onde elettromagnetiche: raggi X, UV, ottici e radio) possono essere puntati nella direzione “giusta” per cercare e -auspicabilmente- individuare un segnale elettromagnetico proveniente dalla stessa sorgente.

 

GRAWITA e l’evento GW170817

La scoperta di GW170817 nell’agosto del 2017, ha dato origine alla più grande campagna di osservazioni mai effettuata dalla comunità astrofisica internazionale, utilizzando ogni possibile telescopio da terra e dallo spazio. Gli scienziati di tutto il mondo hanno cercato la luce emessa durante questo evento a tutte le lunghezze d’onda, dal radio all’infrarosso (IR), dal visibile all’ultravioletto (UV), dai raggi-X ai raggi gamma. L’Italia ha avuto un ruolo di primissimo piano in questa ricerca con i ricercatori di INAF del gruppo GRAWITA, che hanno utilizzato vari telescopi da terra e strumenti su missioni spaziali.

 

In alto, il segnale gamma. In basso, il segnale GW detettato circa 2 secondi prima. Credit: Ligo-Virgo collaboration.

Due secondi dopo la rivelazione del segnale gravitazionale prodotto dalla coalescenza delle due stelle di neutroni, i satelliti Fermi e INTEGRAL hanno scoperto un debole lampo di raggi gamma (GRB), cosiddetto ‘corto’ (di durata inferiore a 2 secondi), proveniente dalla medesima regione di cielo. I dati dei due satelliti rappresentano la prima ed eccezionale verifica sperimentale che la fusione di due stelle di neutroni può produrre un GRB corto, sino a quel momento solo ipotizzato dagli studi teorici ed osservazioni indirette. Successivamente, sono diventati protagonisti i telescopi da terra che hanno identificato la sorgente elettromagnetica. In poche ore i telescopi di tutto il mondo, tra cui REM e VST (INAF-Cile), hanno individuato una nuova e brillante sorgente nella galassia NGC 4993, coincidente con la posizione e la distanza indicate dal segnale di onde gravitazionali. Individuata con estrema precisione la posizione della sorgente in cielo, il successivo monitoraggio a tutte le frequenze ha consentito di seguire i dettagli del complesso fenomeno esplosivo, generato dalla fusione delle due stelle di neutroni. Satelliti sensibili alla luce ultravioletta (Swift) hanno rivelato un’intensa emissione, mentre non è stato rivelato -almeno inizialmente- nessun segnale in banda X (satelliti Chandra e Swift). Analogamente, anche nella banda gamma (satelliti AGILE, Fermi e INTEGRAL) non è stato individuato alcun segnale dopo il primo lampo.

Si è dovuto attendere 9 giorni, quando il satellite Chandra ha rivelato l’emissione di fotoni in banda X, traccia dell’interazione tra il getto di materia ed energia generato dalla fusione e la materia circostante (fenomeno detto “afterglow”). Le campagne di osservazione condotte nelle settimane successive, e in primis la mappatura ad altissima risoluzione della regione di emissione con tecniche d’interferometria radio, combinata con l’esame delle curve di luce in banda radio e con un’accurata modellizzazione teorica, hanno consentito di ricostruire per la prima volta la nascita e lo sviluppo dei getti di materia che sono lanciati a velocità relativistiche come conseguenza dell’evento di coalescenza.

Serie di spettri per la sorgente GW170817 acquisiti con lo spettrografo X-Shooter di VLT@ESO (da Pian, D’Avanzo et al. 2017).

Dopo i primissimi giorni, la radiazione ottica è andata in rapida diminuzione lasciando spazio ad una consistente emissione di luce nel vicino-IR, per questo i telescopi, in grado di osservare la radiazione dalle frequenze UV a quelle del vicino-IR (spettri), si sono rivelati fondamentali nell’identificare la natura di questa spettacolare emissione di luce.

I ricercatori di GRAWITA hanno seguito l’evoluzione nel tempo dello spettro di GW170817 (UV/vicino-IR), acquisendo dati con cadenza giornaliera con “X-Shooter”, uno spettrografo montato sul telescopio VLT (ESO, Cile), che copre un’ampia banda elettromagnetica (400-2000 nm), particolarmente adatto per lo studio di sorgenti transienti a rapida evoluzione, come supernove e GRB. Questi spettri hanno consentito di riconoscere in modo univoco e definitivo quel segnale (GW170817) come emissione proveniente dalla fusione di due stelle di neutroni: un’emissione chiamata “kilonova”.

Gli spettri rappresentano il requisito fondamentale per comprendere la natura della sorgente. In essi sono presenti righe molto allargate difficilmente identificabili individualmente, ma riconducibili ad elementi della serie dei lantanidi. L’evoluzione temporale dello spettro è indicativa di materiale che si espande a velocità relativistiche pari a 20-30% quella della luce. Queste eccezionali osservazioni hanno rivelato, per la prima volta, che le kilonove sono la sede di produzione di elementi pesanti, come l’oro, il platino e l’uranio, la cui origine nell’universo non era ancora stata compresa sino ad ora. Le kilonove sono dunque “miniere cosmiche”. Le predizioni generali dei modelli di kilonova sono state confermate, ma la ricchezza dei dettagli delle osservazioni di X-Shooter sono ancora da esplorare in profondità e potranno essere comprese solo con osservazioni di eventi simili in futuro.

I processi fisici in atto nella fusione di due stelle di neutroni, nella seguente formazione di getti relativistici e nella esplosione di una kilonova, coinvolgono la materia in condizioni fisiche estreme, dall’elevata gravità, alla dinamica relativistica, passando per trasformazioni nucleari di materia che si trova in contatto con grandi flussi di neutroni. I ricercatori studiano come un getto di energia e materia, che è stato lanciato nello spazio ad una velocità prossima a quella della luce, riesce a farsi strada attraverso il materiale ricco di elementi pesanti della kilonova. Ricercatori italiani hanno guidato le osservazioni effettuate con il satellite XMM-Newton e in seguito le osservazioni eseguite con 33 antenne radio sparse su tutto il globo terrestre (D’Avanzo et al. 2018, Ghirlanda et al. 2019). Di fatto, l’astronomia multi-messaggera ha aperto una nuova via per esplorare l’Universo che aiuterà ad approfondire le nostre conoscenze di astrofisica e fisica fondamentale.

I ricercatori di GRAWITA fanno parte anche di altri gruppi di lavoro internazionali. Ad esempio, il consorzio europeo “ENGRAVE”-Electromagnetic couNterparts of GRAvitational waves at the Very Large Telescope dedicato al follow-up di controparti elettromagnetiche di sorgenti di onde gravitazionali con VLT@ESO. Questa collaborazione riunisce le competenze di circa 250 ricercatori europei con l’obiettivo di coordinare e ottimizzare le osservazioni con i telescopi ottici dell’ESO, del Atacama Large Millimeter/submillimeter Array (ALMA) nel radio e dell’Hubble Space Telescope (HST) nel UV-ottico dallo spazio. Partecipano anche alla collaborazione “e-PESSTO”-extended Public ESO Spectroscopic Survey for Transient Objects, che ha l’obiettivo di classificare e seguire l’evoluzione di transienti (oggetti che aumentano repentinamente la loro luminosità per poi indebolirsi e scomparire), come supernove e controparti elettromagnetiche di segnali gravitazionali.