Lug 15

Galleggiando in un mare di plasma

I campi magnetici permeano l’universo e rivestono un ruolo fondamentale in alcuni dei più conosciuti fenomeni astrofisici: dall’emissione radio da parte di nuclei galattici attivi, alla formazione stellare e ai dischi di accrescimento, passando per l’accelerazione dei raggi cosmici. Anche le manifestazioni più evidenti sulla superficie del Sole, le macchie solari e gli anelli coronali, sono guidati dai campi magnetici. Gli anelli coronali, in particolare, sono costituiti da getti di plasma magnetizzato che, sospinti da una forza aggiuntiva che permette loro di contrastare temporaneamente la forza di gravità, attraversano la zona convettiva solare ed emergono sulla sua superficie, formando le tipiche strutture ad anello della corona: un fenomeno noto in letteratura come “galleggiamento magnetico”.

In un articolo appena pubblicato su APJ Letters, Diego Vescovi, dottorando presso il Gran Sasso Science Institute, sotto la guida di Sergio Cristallo, ricercatore presso l’INAF-Osservatorio Astronomico d’Abruzzo, ed in collaborazione con ricercatori dell’Università di Perugia e della Washington University di St. Louis (USA), ha dimostrato che il fenomeno del “galleggiamento magnetico” è in grado di far “galleggiare” il plasma anche all’interno delle stelle giganti rosse, durante la fase di ramo asintotico, le cosiddette stelle AGB (Asymptotic Giant Branch). Questo tipo di mescolamento, generalmente ignorato nei modelli evolutivi stellari, è generato da un campo magnetico toroidale.

Rappresentazione della zona interna di una stella AGB interessata dal galleggiamento magnetico: nel riquadro è riportato un tipico anello coronale solare.

I ricercatori hanno dimostrato che il galleggiamento magnetico è in grado di “prelevare” una piccola quantità di idrogeno dall’inviluppo convettivo e portarlo negli strati sottostanti, ricchi di elio e carbonio. Quest’ultimo nella forma più abbondante, l’isotopo 12C, cattura i protoni presenti nel plasma formando un nuovo isotopo, il 13C, che rappresenta la principale sorgente di neutroni nelle stelle AGB. Queste stelle sono vere e proprie fucine di elementi chimici, dal momento che si ritiene producano circa la metà degli elementi più pesanti del ferro presenti nell’Universo.

In particolare, i nuovi modelli stellari sviluppati dai ricercatori dei due istituti abruzzesi sono in grado di riprodurre la distribuzione chimica dei “pre-solar SiC grains“. Questi sono minuscoli granelli di polvere di carburo di silicio (SiC) di dimensioni dell’ordine del micrometro, formatisi nelle parti più esterne di stelle AGB, che hanno concluso la loro evoluzione ancor prima che il Sole nascesse. Miliardi di anni fa, una piccola quantità di quella polvere stellare si è mescolata con l’abbondante materiale della nube proto-solare, da cui ha avuto origine il nostro Sole, rimanendo imprigionata nei meteoriti caduti sulla Terra miliardi di anni dopo (come il meteorite di Murchison).

La ricerca pubblicata fornisce i primi indizi sulle caratteristiche fisiche delle stelle che si trovavano nei dintorni del Sistema Solare al momento della sua formazione.

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