Gen 14

Marte: se l’acqua è poca o scarseggia…

Negli ultimi due decenni, grazie alla crescente disponibilità di immagini ad alta risoluzione, sono stati identificati su Marte decine di possibili depositi fluviali di tipo deltizio, probabilmente depositatisi in antichi laghi marziani. Questi depositi sedimentari sono, generalmente, considerati tra le evidenze principali a sostegno dell’ipotesi che anticamente su Marte vi siano state condizioni climatiche favorevoli alla presenza di acqua liquida.

Tuttavia, non è ancora noto con esattezza in quanto tempo si siano formati i delta fluviali sul pianeta: alcune stime propendono per tempi di formazione dell’ordine di giorni o anni, altre indicazioni sembrerebbero suggerire intervalli dell’ordine di millenni o addirittura di qualche milione di anni. Tali incertezze impediscono di stabilire in maniera univoca se i depositi deltizi marziani osservati siano unicamente il risultato di attività idrologica stabile e duratura in un clima di tipo pseudo-terrestre o se, invece, possano essere il prodotto di attività idrologica “effimera” e sporadica, generata da fenomeni locali, quali ad esempio attività vulcanica, tettonica, impatto di meteoriti o comete, che potrebbero aver fuso del ghiaccio sotterraneo, generando flussi di acqua, senza necessariamente richiedere condizioni climatiche clementi.

Nuovi elementi al dibattito scientifico sulle implicazioni climatiche, idrogeologiche e astrobiologiche dei delta fluviali di Marte sono stati presentati in un recente studio concepito e realizzato presso l’Osservatorio Astronomico d’Abruzzo, nell’ambito di un progetto FIRB finanziato dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e coordinato da Gaetano Di Achille, ricercatore presso l’osservatorio, e firmato come primo autore da David Vaz, ora all’Università di Coimbra (Portogallo).

In alto (a): Mappa globale di Marte con localizzazione dei 60 possibili delta fluviali considerati nello studio; in basso (b-c): schema esemplificativo della ricerca.

In questo lavoro sono stati presi in considerazione tutti i possibili delta fluviali attualmente noti su Marte (come mostrato nella figura, in alto), ed è stato effettuato un bilancio volumetrico quantitativo tra i sedimenti erosi nelle valli fluviali e quelli depositati nei possibili delta, sulla dase della topografia ad alta risoluzione ricavata da modelli digitali del terreno. Tale bilancio è stato utilizzato come indicatore per decifrare i meccanismi sedimentari prevalenti durante la formazione dei depositi deltizi. Sulla Terra, grosse quantità di sedimenti –in alcune condizioni sino anche al 70% del totale del carico sedimentario sospeso nel corso d’acqua– trasportati dai fiumi verso un bacino idrico, ad esempio un lago, un mare o un oceano, possono essere spinti al di la della foce fluviale e del delta e dispersi più al largo. Alla luce di questo, se durante la formazione dei delta marziani i bacini riceventi i sedimenti fossero stati occupati stabilmente da acqua, il volume dei sedimenti misurato nei delta dovrebbe risultare minore rispetto a quello eroso nelle valli (illustrazioni in basso, b e c). Infatti, se il bacino che riceve i sedimenti non è occupato da acqua, il volume dei sedimenti erosi nella valle è comparabile a quello del deposito che si forma dove la valle perde energia. Al contrario, se il bacino ricevente è riempito stabilmente da acqua, i sedimenti trasportati in sospensione nella valle si disperdono significativamente oltre la foce per sospensione facendo si che il volume del delta risulti inferiore a quello eroso nella valle.

I risultati della ricerca, in pubblicazione sulla rivista scientifica Earth and Planetary Science Letters, hanno invece evidenziato che il 70% dei depositi analizzati presenta un rapporto tra volume delle valli e volume dei delta vicino all’unità, come illustrato nel grafico. Ciò implica che, per la maggior parte dei delta fluviali presenti su Marte, non vi è stata dispersione dei sedimenti oltre la foce, e dunque che il bacino che riceveva i flussi di acqua e sedimenti non era stabilmente riempito di acqua, dove i sedimenti potevano in parte dispersi in sospensione.

Questa analisi fornisce una nuova interpretazione, suggerendo che la maggior parte dei delta marziani potrebbero essersi formati da flussi di acqua e sedimenti depositatisi in condizioni subaeree e non necessariamente in condizioni climatiche favorevoli alla presenza stabile di acqua liquida. Come conseguenza, tali conclusioni sollevano dubbi sulla possibilità di utilizzare i delta marziani come siti ideali per future missioni robotiche per indagini astro-biologiche. Inoltre, suggeriscono di rianalizzare i dati relativi a molti laghi precedentemente studiati, per escludere che fenomeni locali possano aver generato attività idrologica “effimera”, ovvero non necessariamente sostenuta da un clima favorevole alla presenza stabile di acqua liquida.

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