Nov 30

“Polvere” di stelle…dietro l’angolo!

Le stelle sono fucine nucleari incredibilmente efficienti, dove si forma la stragrande maggioranza degli elementi chimici presenti nell’universo, e dunque sulla Terra. Molti elementi sono il risultato di “semplici” fusioni tra particelle cariche, ma alcuni, in particolare quelli più pesanti del ferro, per essere prodotti necessitano di neutroni liberi, particelle neutre che non risentendo dell’interazione elettromagnetica sono più facilmente catturate dai nuclei.

Ciclo di formazione dei grani di polvere. Crediti: D.Vescovi

Nelle stelle sono attivi due processi di cattura neutronica: il processo rapid (processo r) ed il processo slow (processo s). Quest’ultimo caratterizza le stelle di piccola massa in fase di ramo asintotico delle giganti (asymptotic giant branch AGB), dove gli strati più esterni sono talmente freddi che il gas può solidificare, formando molecole via via sempre più complesse, sino ad arrivare alla produzione di veri e propri granelli di polvere. Questi “grani di polvere” vengono espulsi nello spazio interstellare e, successivamente, letteralmente “riciclati” all’interno delle nubi proto-stellari per formare nuove stelle. Un meccanismo analogo è avvenuto anche durante le fasi di formazione del nostro Sole: alcuni granelli di polvere provenienti da stelle evolute milioni di anni prima, furono catturati dai corpi minori -asteroidi e comete- del sistema solare in formazione, e nel corso dei miliardi di anni successivi si sono preservati all’interno dei meteoriti che orbitano nel nostro sistema planetario.

Dai meteoriti caduti sulla Terra e analizzati nei laboratori è stato possibile separare -tramite tecniche chimiche e di ablazione laser- il materiale proto-solare intrappolato nell’interno, sino ad isolare i singoli grani di origine stellare. Uno dei tipi di polvere stellare più comune è il carburo di silicio (SiC), un materiale che oggi viene utilizzato in svariate applicazioni industriali. Data la loro natura, i grani pre-solari portano con sé i tratti distintivi della nucleosintesi e dei fenomeni di mescolamento di materia avvenuti all’interno della stella “progenitrice”, tuttavia risalire alle caratteristiche fisiche e chimiche delle stelle che hanno prodotto i grani analizzati in laboratorio è uno degli aspetti più critici di questo tipo di studi.

Grano di carburo di silicio.

Un team di ricercatori guidato da Sergio Cristallo dell’INAF-OA d’Abruzzo ha messo un po’ di ordine tra le varie teorie presentate sino ad oggi. In un articolo appena pubblicato sulla rivista Astronomy & Astrophysics (vai all’articolo in Inglese), gli autori hanno determinato la distribuzione in massa e il contenuto di metalli delle stelle che “inquinarono” il materiale spaziale da cui si formò il sistema solare. Lo studio è stato condotto con una metodologia nuova, ovvero accoppiando tre tipi diversi di modelli teorici, che operano in contesti astrofisici molto differenti: un modello fisico-chimico che descrive l’evoluzione delle stelle, un modello in grado di descrivere la formazione delle polveri nelle atmosfere stellari ed infine un modello di evoluzione chimico-dinamica della materia nella Via Lattea, in grado di simulare i processi di “migrazione delle stelle” all’interno della galassia, facendo sì che stelle più ricche di metalli si spostino verso la periferia, dove è il Sole.

I risultati di questa analisi complessa, hanno mostrato che le stelle progenitrici che meglio riproducono statisticamente la distribuzione dei granuli di carburo di silicio sono stelle di tipo AGB, con una massa doppia rispetto alla massa del Sole e contenuto di metalli pari a quello solare. Non solo, il nuovo scenario teorico riproduce le tipiche dimensioni dei grani di carburo di silicio osservate, che spaziano da qualche centinaio di miliardesimo di metro a pochi milionesimi di metro.

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